Maggio 2 2020

Giorni 51/55 – Un nuovo inizio

Questo momento della clausura è piuttosto particolare. La mia vita si è completamente fratturata: da una parte lo scenario contingente, la vita “vera” e le vicende che tutti stanno attraversando, l’incertezza, la paura, l’insofferenza, i social network che permettono a tutti di esprimere opinioni senza fondamento e, al contempo, fanno del tutto perdere di vista le poche riflessioni ponderate ed effettivamente utili alla comunità. Dall’altra tutto questo mondo “interiore” che stiamo vivendo solo noi come famiglia: uno strano alternarsi tra una routine quotidiana finalizzata cercare di vivere bene e a uscire da tutto questo senza troppe cicatrici (sopratutto per Leonardo, che va sempre difeso – non so da cosa, ma sento che è così) e gli incredibili viaggi che riusciamo a fare nel tunnel e nelle Porte.

È ormai evidente che quel posto sembra “risuonare” in qualche modo con noi, sembra darci quello di cui abbiamo bisogno, quando ne abbiamo bisogno: un viaggio da una nipote che aspetta ansiosa di nascere, un po’ di tempo insieme come famiglia, un po’ di solitudine per me, momenti all’aria aperta e a diretto contatto con la natura per nostro figlio… Ogni Porta sembra rispondere a uno dei bisogni primari che proviamo in questa clausura e che, a volte, nemmeno noi sappiamo ben identificare.

In questi giorni siamo spesso tornati nella Quinta Porta, anche perché non abbiamo ancora trovato la chiave per la Sesta Porta, e perché i giochi da albero-a-terra di Leonardo con gli altri bambini mi danno serenità. Mi sembra che, in qualche modo, riesca a colmare la solitudine che prova in questo periodo. Non che ne soffra molto: è sempre indaffarato a giocare, costruire e inventare. Anche i cartoni animati spesso servono solo a dargli lo spunto per inventare qualche nuova avventura. Una delle sue maestre dice che tutta questa immaginazione lo protegge, che è una sua arma per difendersi e per mantenere la speranza e il buonumore.

A volte mi ha parlato di nuovo di un “fratello maggiore” che lo viene a trovare. Non so sinceramente se credergli o no, perché prima di tutta questa storia del virus e del Primo Tunnel, quando andava a scuola e in un contesto di totale normalità, aveva già cominciato a parlarmi di un fratello minore, chiamato peraltro con vari nomi di suoi migliori amici, che viveva in cameretta con lui e condivideva giochi e lettino. Ora capita molto spesso che mi dica che ha visto il suo “fratello maggiore” quando magari Giacomo è in ufficio e io sono in studio a lavorare, o se al mattino ci alziamo tardi e invece lui si sveglia prima di noi e scende a fare colazione. Noi non abbiamo trovato traccia di questo individuo, ma anche per noi in questo momento è impossibile dire se si tratti di un amico immaginario, tipico dei bambini dell’età di Leonardo, oppure di qualcuno che entra davvero dal Tunnel in casa nostra e passa il suo tempo con Leonardo.

Io ho cominciato a sentirmi diversa, nei giorni scorsi: sono passata da una quasi totale apatia a uno stato d’animo diverso. Mi sto rendendo conto che non c’è nessun “countdown”, che non c’è nessun traguardo da raggiungere, che non posso pensare nell’ottica “ora è così, ma arriverà un giorno in tutto cambierà di nuovo o – ancora peggio – in cui tutto tornerà come prima”. Ho vissuto due mesi ormai pensando di trovarmi in una bolla, sospesa, ma mi sto rendendo conto ogni giorno di più che, almeno per me e la mia famiglia, siamo già nella “nuova normalità” tanto sbandierata a parole dal Governo e dai giornali. Quello che stiamo vivendo ora resterà molto, molto a lungo. Immagino per un anno, forse due. Le limitazioni negli spostamenti e nelle relazioni, il percorso a ostacoli nella gestione di famiglia e lavoro, il senso di solitudine e di disagio, la paura che tutto quello che abbiamo costruito fino a qui venga spazzato via, la paura di non essere pronta ad affrontare tutto questo e il conseguente scoramento totale, apatia, disillusione nel farlo. Ho accumulato tutto questo e l’ho trasformato in quello che mi riesce meglio: chili di troppo e ansia.

Però poi mi sono anche ritrovata a rileggere questo diario e a capire quanto era invece “nato” da questo periodo: un rapporto completamente diverso con la mia famiglia, sia con Giacomo e Leonardo che con i miei genitori e le mie sorelle lontane. Voglia di stare insieme, di creare piccoli riti quotidiani per uscire dalla nostra solitudine individualistica domestica. La possibilità di contare sempre gli uni sugli altri, per tirarsi su il morale o per sfogarsi di una giornata particolarmente storta. L’amore, l’affetto, il contatto fisico. Ma anche la scrittura: erano anni che non mi prendevo il tempo di raccontare, fissare nero su bianco le mie giornate, i miei pensieri. Certo, qualcuno potrebbe dire che “è solo uno stupido diario, un blog estemporaneo”, ma per me significa molto e mi hai fatto ricordare cosa si prova a scrivere e a farlo con costanza.

Tant’è che ho quasi finito la storia dei Draghi, che ho lavorato con gioia e coinvolgimento alla definizione del nuovo mondo per “La Fiamma”, che ho capito in che direzione mandare la mia intelligenza artificiale che costruisce mondi virtuali. Ho letto decine di storie con Leonardo, abbiamo scoperto insetti in giardino, abbiamo cominciato a guardare Star Trek “Next Generation” a pranzo e a cena, e lo adoriamo tutti perché ci fa trovare mille spunti di discussione e di riflessione mentre siamo a tavola, ed evitiamo di rinchiuderci ognuno in uno smartphone o in un fumetto. Ho sistemato casa, ho ritrovato libri che non consultavo da anni, ma ho anche riscoperto la gioia di andare in ufficio quando posso, per qualche mezza giornata, in uno spazio così silenzioso e pacifico. Ho fatto tante cose, ho provato tante cose e sentito tante emozioni. Solo che quelle negative sono come la cronaca nera del telegiornale: fanno più scalpore, fanno più rumore e rimangono più impresse. E però c’è tanto altro, non solo la paura, la solitudine e l’incertezza.

Oggi mi sento come se stesse cominciando qualcosa di nuovo, e sono consapevole che si tratta solo di una mia consapevolezza interiore, perché non c’è niente, fuori, che mi dica che le cose cambieranno tanto presto. Però, come si dice, se ti trovi dentro al tunnel e non riesci a uscirne… tanto vale cominciare ad arredarlo, no? Tutto qui, niente di eclatante, niente di sconvolgente, solo una consapevolezza nuova del fatto che la mia vita non è finita, ma che può continuare, solo con qualche adattamento.

Non nego che ad avermi gettato nello sconforto sia anche la prospettiva della mancata ripresa scolastica, sia ora, a maggio/giugno, ma anche probabilmente a settembre. Ormai è palese che quando vogliono farci “abituare” a un’idea gradualmente, diffondono le “bozze” dei decreti, cominciano a rilasciare dichiarazioni “non ufficiali” ai giornali, per poi consolidare quelle decisioni con norme e ordinanze. È quindi chiaro a tutti che non solo la scuola non ripartirà adesso, ma nemmeno al 100% a settembre. “Sono solo voci” mi dice sempre mia madre, ma sono voci che poi diventano vere. Chiariamo una cosa: non voglio ergermi a giudice di quelli che stanno prendendo le decisioni. La complessità della situazione è tale che solo gli imbecilli possono dire “Riaprite le scuole” o “Riaprite gli estetisti” o “Riaprite i ristoranti di sushi” che, mioddio, me ne mangerei un vagone. Io non dico “Riaprite” un bel niente. Io osservo e aspetto e obbedisco. Però questo non significa che non mi assalga il più cieco terrore di vedere la mia carriera, per la seconda o la terza volta, completamente sradicata e da ricostruire. E, guarda caso, questo processo avviene sempre perché c’è di mezzo un minore di cui prendersi cura, mio figlio. La prima volta è stata con la gravidanza: ho perso il 75% dei miei clienti di allora, e ho dovuto reinventarmi. Poi ho avuto di nuovo un grande stallo dopo il film del 2017 in cui sono stata male e ho avuto quello che si chiama comunemente “esaurimento nervoso”. E ora di nuovo, in una combo micidiale, potrei soccombere da una parte all’ansia e alla depressione, e dall’altra al dovere di restare a casa a fare da “maestra” a mio figlio, senza né gli strumenti né le capacità né la pazienza per farlo.

Quando la paura si impossessa di me, faccio sempre le scelte sbagliate. Dalla mia parte, però, questa volta, ho il fatto che mi sono costruita degli “strumenti” per affrontare tutto questo. Sincerità con chi ho intorno, mesi di terapia e un po’ di esercizio fisico per non dimenticare che ho anche un corpo. Per questo, dopo una settimana veramente pessima, ora penso che no, non è tutto perduto, non è tutto distrutto, non dovrò “ricominciare da zero” un’altra volta, semplicemente perché non sono a zero. Ci organizzeremo con il lavoro insieme a Giacomo, come abbiamo sempre fatto. Troveremo un nuovo equilibrio con Leonardo, che magari vorrà dire dedicargli più tempo di prima e, di converso, avere meno tempo per noi. Però, per questo, potremo probabilmente selezionare meglio le nostre attività e i nostri impegni in modo da focalizzarci solo su quelli davvero importanti: perché non si perde tempo solo “a casa”, ora, ma se ne perdeva tanto anche in ufficio, “prima”, girando a vuoto. Avremo obiettivi diversi.

Quindi niente, oggi per me non è nessuna data speciale, non è il 4 maggio della riapertura, non è il 25 aprile della Liberazione, non è il lunedì in cui si inizia l’ennesima dieta. È solo un giorno in cui mi rendo conto che non sono “alla casella zero” e che non è tutto da buttare. Posso concedermi di concentrarmi su quello che voglio e perseguire quello, quando e come potrò. Tanto non c’è nessuno a giudicarmi, solo io lo faccio con tutta questa spietatezza.

 

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *