Maggio 13 2020

Giorni 56/60 – La sparizione

[Parte di quanto segue potrebbe essere finzione. Questo blog potrebbe essere in parte finzione. Non allarmatevi. Seguite il flusso del racconto.]

Non dico che ci eravamo abituati alla situazione, non mi spingerò a tanto. Non voglio idealizzare gli ultimi 60 giorni, perché non c’è niente di “ideale” in quello che è successo. Sicuramente, però, quello che ho fatto con la mia famiglia, con Giacomo e con Leonardo, con cui sono rimasta rinchiusa e bloccata, sospesa, è stato anche e in gran parte piacevole.

Se avessi imparato a fare come gli animali e mi fossi dimenticata del concetto astratto di “futuro”, mi sarei goduta ogni attimo. Non è stato così, ma ho pochi rimpianti. Dal 4 maggio il mondo sta spingendo per tornare a una normalità che forse non sarà più possibile. Tutti spingono per “riaprire” i ristoranti, i locali, parrucchieri, estetisti, scuole, mezzi di trasporto, ma ancora non si sa cosa succederà e si deve procedere a tentoni. Noi, nel mentre, avevamo cominciato ad avere una meravigliosa routine: scuola al mattino, giochi nel tempo libero, videogiochi e serie TV, passeggiate nel bosco e al fiume, cucina, chiacchiere e… le Porte. Le Porte del Primo Tunnel sono diventate il nostro strumento di evasione. Poco importava che, arrivati alla Quinta Porta, ci fossimo in un certo senso arenati, perché la Sesta Chiave sembrava introvabile.

Le routine però, si sa, sono fatte per essere infrante, per essere distrutte. E la nostra è stata scardinata nel modo più doloroso di tutti. Ora mi sento in colpa. Sì, perché è come quando desideri qualcosa fortissimo, e poi quella cosa si avvera, e magari è una cosa brutta e magari ti vergogni di quel pensiero, ma ormai l’hai fatto, e hai paura che sia stato proprio il tuo pensiero a plasmare la realtà. Nel mio caso, cercavo solo un po’ di solitudine. Un po’ di silenzio, durante la giornata, uno spazio per me, un momento per dire “Ecco, qui dentro c’è Valentina e sta in pace, senza nessuno che le chiede cose, senza voci, senza giochi, senza doveri, senza passatempi: da sola”.

Ci siamo svegliati una mattina e Leonardo era sparito. Sì, lo so, era già successo prima: quando si era calato da solo nel buco, all’inizio di tutto questo, ad esempio. Questa volta però la sua scomparsa è stata più sostanziale. Non lo abbiamo più ritrovato e, nel momento in cui vi scrivo, è ancora smarrito da qualche parte. Perché non sono disperata? Perché non piango e non urlo e non mi dispero? Ogni cosa a suo tempo. Diciamo che so che sta bene. Come lo so è… particolare. Ci arriveremo.

Partiamo dalla Sesta Chiave, che finalmente è arrivata a casa. La stessa mattina in cui ci siamo svegliati e ci siamo resi conto della scomparsa di Leonardo, abbiamo trovato uno strano ragazzo seduto in giardino, sotto la tettoia, su una delle sedie del giardino. Con Leonardo sparito e uno sconosciuto in giardino, dobbiamo farci un complimento per come abbiamo mantenuto la calma. Il ragazzo avrà avuto circa 25 anni, era alto e asciutto e aveva i capelli di un castano chiarissimo che gli arrivavano fin sotto le orecchie, scompigliati e disordinati. Direi un bel pezzo di ragazzo, se la cosa non fosse profondamente inopportuna. Aveva un’aria così familiare che mi sono stranita, era incredibile quanto fosse un volto che mi ricordava qualcun altro, senza che però fossi in grado di mettere a fuoco chi, e ha fatto la stessa impressione anche a Giacomo. Ci ha detto subito di non spaventarci, di stare tranquilli, che era semplicemente venuto a portarci la Sesta Chiave. Era una chiave elettronica, sembrava più una chiave magnetica o di qualche portellone di sicurezza à la 2001: Odissea nello Spazio. Ovviamente gli ho fatto un milione di domande: come faceva ad avere la chiave? Perché ce l’aveva portata? A cosa serviva (qui ho finto di non essere a conoscenza del Primo Tunnel, per vedere la sua reazione)? Quando mi ha risposto che sapevo benissimo a quale Porta corrispondesse e che anche lui era a conoscenza del Tunnel sotto casa nostra, gli ho chiesto se sapesse dove fosse finito nostro figlio. Gli ho raccontato di quello che ci era successo dall’inizio, delle Porte, degli strani mondi, gli ho chiesto se sapesse che fine aveva fatto Leonardo. Mi ha guardato con una specie di sogghigno. Nulla di cui fidarsi, ma non mi ha dato i brividi. Mi ha detto che lo sapeva ma che non poteva dirmelo, che entrare nella Sesta Porta era indispensabile per ritrovarlo. Non era in pericolo, non proprio, ma era meglio se mi sbrigavo. 

Ho avuto un flash. Non so come mai non ci sono arrivata prima, ma quello era il “fratello maggiore” di cui ci ha parlato più volte Leo. Quella era la stessa persona che, non vista, aveva avuto a che fare con nostro figlio. Davanti “all’accusa”, ha confessato senza opporre troppa resistenza. Sì, aveva già visto Leonardo, e più di una volta, fin da quando eravamo entrati nella Prima Porta. Poi ha cominciato lui a farmi domande. Mi ha chiesto un sacco di cose: se avessimo ancora tutti i Lego in casa, se suonassi ancora il pianoforte, se mi piacessero ancora videogiochi. Tutte cose, evidentemente, che gli doveva aver detto mio figlio. Interessante come i bambini sappiano mettere in piazza le nostre vite e noi non ce ne rendiamo conto: questo sconosciuto davanti a me probabilmente sa dettagli della nostra famiglia che io non conosco.Mi sono alzata di scatto e il ragazzo ha sobbalzato. Volevo più risposte, ma non poteva darmele. Mi ha detto: “Fidati. È un gioco. Andrà tutto bene”.

Certo, un gioco in cui prima penso di essere diventata pazza sentendo dei rumori, poi scopro che non lo sono, poi torno a pensarlo perché trovo un vortice dimensionale sotto casa, poi diventa più o meno normale, poi mio figlio scompare e io parlo con uno sconosciuto che ha quindici anni meno di me, sembra conoscermi a menadito e saperla troppo lunga.

Alla fine, ho preso la Sesta Chiave. Il ragazzo si è alzato e si è incamminato fuori dal cancello. Ho chiesto a Giacomo di seguirlo, ma appena ha girato l’angolo, è entrato nel fitto del bosco che va verso il fiume ed è scomparso senza lasciare traccia. Se fossi andata io, se lo avessi seguito io, forse avrei sentito quel rumore e avrei capito prima, ma evidentemente non doveva accadere.

Così, col cuore in gola e con un’ansia fuori scala per via della scomparsa di mio figlio, ho deciso di prepararmi per scendere nel Primo Tunnel ed entrare, finalmente, nella Sesta Porta.

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