Ritorno a casa

Quando finisce un progetto, il microcosmo che si è creato finisce improvvisamente.

“Questo mondo muore qui” dice Giaime Grieco, uno dei migliori aiuto regia con cui abbia mai lavorato. Ed è proprio vero, la sensazione alla fine di un’esperienza come Zona Warpa e delle riprese che abbiamo fatto per il mio documentario sui videogiochi è quello di un mondo che è scomparso da un secondo all’altro. Le persone con cui hai ogni minuto di ogni giorno di un’intera settimana sono improvvisamente lontane più di 600 chilometri da te e non puoi più avere un contatto diretto, sapere cosa fanno, cosa sta succedendo, se hanno bisogno di aiuto, se stanno bene.

Loro però stanno bene. Sono al Forte Prenestino di Roma e hanno avuto una serata piena di energia, videogiochi, persone e musica. Tra poco saranno all’ex OPG di Napoli (un ex manicomio, non so se mi spiego) e poi torneranno a casa. Non dico “e poi tutto finirà” perché secondo me non sarà così. C’è stata una grandissima fame di un evento di questo tipo, orizzontale, aperto, condiviso, etico, ma anche molto molto divertente e umano, che non si può fermare qui. È l’inizio di qualcosa, me lo sento.

Almeno, per me lo è stato: l’inizio di un documentario, l’inizio di nuove amicizie, l’inizio (o un nuovo inizio) di un’apertura e una fiducia verso le persone.

In questi giorni ho visto per la prima volta amici di lunga data con cui non mi ero mai incontrata, ho conosciuto persone che avevo contattato solo tramite internet e ho incontrato in modo fortuito gente veramente speciale che sviluppa videogame indipendenti. Ho tanto materiale, che è stato ripreso dal mio fido collaboratore Davide (trascinato un po’ alla cieca in questa avventura, ha dato oltre il massimo sempre) e non vedo l’ora di cominciare a cucire questa storia, sperando che dalle trame del tessuto trapelino le fortissime emozioni che abbiamo provato e l’ingordigia totale che c’è di stare insieme, giocare, socializzare e volersi bene.

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