Dreams of Blue

Questo è un progetto a cui tengo particolarmente: “Dreams of Blue” è un cortometraggio di fantascienza in cinematic VR, cioè concepito, girato e post-prodotto per essere visto con un visore per la realtà virtuale. Se vi state chiedendo cosa è VR, cosa è cinematic VR, cosa è Augmented Reality e cosa ancora Metaverso la vostra domanda è legittima. Comincerò parlando della cinematic VR e di “Dreams of Blue”, perché è quello di cui ci siamo occupati con Hive.
Magari questa presentazione (un po’ datata) vi potrà dare una mano (magari, invece, vi confonderà le idee).

L’idea è nata per tanti motivi diversi. Con Hive Division, stavamo da tempo sperimentando e giocando con la cinematic VR e con il linguaggio immersivo in generale. L’anno prima, ad esempio, avevamo co-prodotto uno dei primi spettacoli teatrali immersivi insieme ad Ailuros Teatro, Open Maze. Volevamo mostrare con un progetto tutto nostro cosa significava raccontare una storia immersiva con questa tecnologia.

Poi, sicuramente, mi ha influenzato il fatto di essere diventata madre: erano passati circa tre anni dalla nascita di mio figlio, sentivo fortissimo il bisogno di rimettermi a lavorare su qualcosa di creativo. Sentivo di aver ritrovato un’autonomia (io da mio figlio, lui era già anni luce avanti) e sentivo che volevo provare a “giocare” con questo nuovo linguaggio che, sebbene cinematico (quindi con ripresa reale e non con motore 3D), per me era un po’ come unire il mondo del cinema e quello dei videogiochi.

Nei videogiochi si può spesso “esplorare” gli ambienti liberamente, sulla base delle regole decise dal game designer, e questo per me è stato il primo linguaggio che ho interiorizzato, perché ho cominciato a videogiocare a 5 anni e a guardare film o TV ben dopo. Nel cinema si può invece seguire solo ed esclusivamente il punto di vista (l’inquadratura) deciso dal regista. Siamo accompagnati attraverso la storia per mano. Mi piace quando chi ti accompagna è Christopher Nolan, per dire, ma come creatrice faccio più fatica a imporre così draconianamente il mio punto di vista.

L’idea di fare un cortometraggio in cui sì, ero io a decidere la progressione della narrazione e la caratterizzazione dei personaggi, ma in cui era lo spettatore a scegliere dove guardare e come muovere lo sguardo attraverso la scena era una prospettiva veramente fantastica per me.

Come dico sempre, è un tipo di regia che “viene incontro alle mie capacità mentali”.

Però, come forse si capirà con il tempo e leggendo quello che scrivo, non mi piace lavorare da sola, e così ho chiesto al mio amico e co-sceneggiatore Enrico Pasotti se aveva voglia di raccontare qualcosa. I vincoli erano pochi, mi andava di parlare di un’Intelligenza Artificiale e dovevamo far sì che il linguaggio immersivo fosse sfruttato in modo sensato. Un unico luogo, per semplicità produttiva.

Dovevamo essere spettatori della presa di coscienza e dell’emancipazione di questa IA. Una blanda metafora sul mio essere madre che voleva emanciparsi dall’esclusiva cura del figlio (che peraltro non è mai stata tale)? Forse. Forse, più probabilmente, ero solo una persona molto creativa che era rimasta ferma per troppo tempo e che stava cercando la storia giusta da raccontare. Fatto sta che i miei soci mi hanno incoraggiato ad auto-produrre il corto, di cui gli avevo accennato l’idea e che ho cominciato a scrivere con Enrico. Ci è voluto poco, e in qualche mese abbiamo avuto un’intelligenza artificiale, BLUE, intrappolata in uno strano limbo. All’inizio, questo limbo era nero, un classico non-luogo che rendeva tutto super-semplice e super-banale. È stato a quel punto che Giacomo ha avuto l’idea di creare dei “diorami” per ognuna delle personalità, realizzati in 3D e stilizzati, a servizio della storia, per “collocare” le varie personalità di BLUE in un contesto coerente con quello che volevano dire. Quindi, alla fine, da un’idea di due persone, è stata coinvolta tutta la squadra creativa di Hive. Direi che, dall’inizio alla fine dei lavori, ci abbiamo messo 6 mesi, che non è tanto per un cortometraggio con così tanti VFX e girato per la VR! E devo dire che è venuto meglio di come l’avevo in mente io, all’inizio!

Questa è la sceneggiatura: ha subito diverse lavorazioni, le linee di dialogo del personaggio principale erano molto più verbose e sono state asciugate nelle varie revisioni. Infine, ci sono delle parti cancellate perché poi, in montaggio, abbiamo deciso di eliminare quella parte, perché pleonstica e ridondante.

Un film è sempre un lavoro collettivo, quindi tutti quelli che hanno partecipato sono stati fondamentali, ma c’è stata una persona che ha letteralmente dato vita a BLUE e ha plasmato le sue personalità che noi avevamo concepito solo su carta: Sara Lazzaro. Sara è un’attrice incredibile, con un intuito e una comprensione dei personaggi sovrannaturale. È bilingue, quindi parla alla perfezione sia l’italiano che l’inglese, e ha preso lo script, lo ha annotato in quasi ogni singolo spazio bianco durante i due giorni di preparazione che abbiamo fatto insieme, e ha trovato la chiave per mettere in scena ognuna delle personalità di BLUE. Già, perché se avete letto il cortometraggio avrete capito che il personaggio principale è uno solo, ma le sue personalità sono CINQUE (per lo meno, quelle che vediamo noi).

Lavorare con Sara per me è stato fantastico, mi sono sentita privilegiata e felice.

Ci sono cose che farei diversamente? Sì certo, quasi tutto. Ci sono molte cose che, dopo aver visto il lavoro finito, avrei rifatto, cambiato, sistemato, migliorato. Ma non si può: si deve accettare la realtà che siamo riusciti a convogliare sullo schermo e imparare da quello e andare oltre.

Dreams of Blue ha avuto la sua premiere al Sitges Film Festival, un festival di genere che io conoscevo e amavo. Quando ci hanno comunicato la selezione ci hanno telefonato. Era estate e ho risposto io al telefono: pensavo a uno scherzo. Invece era vero. Da lì, siamo stati in giro per il mondo, da Dubai a Londra, da Amsterdam alla Grecia agli Stati Uniti… Se volete una lista di award, la trovate qui.

Premi di Dreams of Blue. Me ne sono comunque persa alcuni in giro per la rete…

È evidente che un lavoro del genere non sarebbe stato possibile senza i miei compagni di viaggio, Giacomo, Erik, Mattia, Enrico: ognuno di loro ha messo anima e corpo nel capire, trovare soluzioni, produrre, post-produrre, e trasformare le nostre parole e le nostre idee in qualcosa di visibile, di visivo. Nel 2019 abbiamo ricevuto un Lumière Award a Bruxelles e abbiamo così chiuso un capitolo durato due anni.

Il Lumière Award è prodotto dagli stessi produttori dell’Oscar!

Tra poco, non molto, “Dreams of Blue” sarà online, disponibile per tutti. Magari, all’inizio, proprio su AlchemicoBlu. Intanto, vi potete vedere il teaser su YouTube!