I film, la casa in campagna e il karma…

Siamo in “ritiro forzato” nella casa di campagna veneta, che va presidiata finché i legittimi proprietari sono in vacanza.

Ora, se c’è un posto dove mi piacerebbe avere gli arresti domiciliari, prima o poi, è questo. Centinaia di metri (no, non è un’esagerazione) di giardino/parco con animali notturni e diurni, alberi di ogni sorta e rumori che risvegliano la bambina che è in me (facile, a dire il vero).

Mura di pietra, soffitti di legno, stanze diverse, ognuna con un colore, un odore e uno stile caratteristico.

Silenzio. Letti comodi. Divani ancora più comodi. Silenzio e fruscio delle foglie sugli alberi, o gorgogliare della canaletta per l’irrigazione, qui accanto. Sembra un relais in Toscana, di quelli dove si va a guarire dall’esaurimento nervoso. E invece è semplicemente la casa dei genitori di Giacomo, che si sono fidati (non è la prima volta, a dire il vero) e ce l’hanno lasciata in custodia per una ventina di giorni.

Non ci poteva essere posto migliore, allora, per organizzare la sessione più intensa mai realizzata finora di “brainstorming” sceneggiaturiale per i nostri progetti filmici e non, con Giacomo, ovviamente, ma anche con l’indispensabile Neme.

Abbiamo visitato due miniere, inventato una storia nuova, sistemato un soggetto vecchio, riflettuto su una storia altrui, chiacchierato, riso e guardato filmacci. Il tutto accompagnato da buon cibo, ottimo prosecco e qualche birra occasionale.

Da domani si ricomincia a lavorare, chi in ufficio, chi sulle traduzioni, chi su filmati vari ed eventuali, ma non si può dire che questa prima settimana in campagna ci abbia dato pochi frutti. Anche se l’orto è lontano (e anzi, presto vi mostrerò che razza di selva siamo riusciti a coltivare, in due e quasi totalmente inesperti), il karma ci ha voluto ricompensare con un piccolo, grande regalo.

Si chiama Cagliostro, detto anche Patacca, mi è corso in braccio nella strada sterrata dietro casa, mentre facevamo una passeggiata, venerdì pomeriggio, per schiarirci le idee e rimettere in moto le gambe.

Se qualcuno lo ha abbandonato, verrà  inserito nel dizionario come riferimento per la parola “pirla supremo”.

Se si è perso, non gli dispiace restare qui perché non lo teniamo chiuso in casa, anzi, scorrazza nel giardino liberamente e ogni mattina è felice di vederci e di bere un po’ di latte di capra.

Spero tanto resti qui, perché è un piccolo ricordo di questa bella settimana e della nostra presenza in questa casa.

Benvenuto, Cagliostro!

Lost è finito…Lost comes to an end…

Lost è finito, io sto per fare il giro di boa dei 30 anni, fuori c’è il sole ed Europa non è nemmeno ai nastri di partenza. Insomma, ce n’è ancora da fare.

E’ che non so cosa dire, se non che ho la testa piena di immaginazione e che adoro chi riesce ancora a farmi fantasticare così.

Grazie di questa storia.

Lost is ended, I am near my 30s, it’s sunny, outside, and Europa is not even an embryo. There’s so much to do… But right now I feel like crying.

I don’t know what to say, I don’t know what to do, but my mind is full of images and imagination and I love those people that make me dream like this, again and again.

Thank you so much!

Far East Film 12 – La Comédie Humaine

Film un po’ spocchioso e molto pretenzioso: una sorta di “Vanzina” impegnato, uno sbrodolamento su una serie di tematiche raffazzonate e trattate “a cazzo di cane” (per usare un francesismo): la dura e solitaria vita del killer, la dura e solitaria vita dello sceneggiatore, le donne e le loro nevrosi, cos’è veramente l’amore, cos’è veramente l’amicizia, tante scuregge, cazzotti e volgarità  gratuite. Un film così fatto in Italia non l’avrei mai visto. Questo mi ha fregato perché dalla recensione e dal titolo aveva un “aspetto” più serio, salvo poi rivelarsi la solita commediola triviale che però cerca anche di insegnare qualcosa (e che quindi fa innervosire ancora di più).

Un killer professionista  si ammala e viene accudito da uno sceneggiatore solo (e brutto e fastidioso e incapace). Tra i due nasce una profonda amicizia e, insieme, maturano, crescono, superano le loro paure e trovano posto nel mondo. Il tutto condito da camicie troppo strette, pance di fuori, bava, pollici succhiati, ragazzine che pesano 40 kg e ti distruggono casa, battute omofobe, eccetera, eccetera, eccetera.

Tristezza a palate, ma la ciliegina sulla torta è la metareferenzialità  finale, per cui uno dei protagonisti prima entra e poi esce dal grande schermo. E ci insegna una preziosa lezione di vita: i protagonisti brutti e fastidiosi NON migliorano col tempo.

2 su 5

Far East Film 12 – Running Turtle

Quest’anno abbiamo indetto una “sfida interna” e ognuno di noi si è fatto portavoce e sostenitore di un film: Running Turtle era quello di Giacomo.

Investigatore goffo, spiantato, licenziato con famiglia a carico cerca soldi facili e, nel cercare di farli, prima perde poi ritrova la fiducia della famiglia (e soprattutto della figlia). Questa, in due righe, la trama del film. Anche se è “solo” un film comico, con buoni innesti d’azione, Running Turtle si comporta bene dall’inizio alla fine, con scontri buono-cattivo degni di nota, con momenti tragicomici e molto, molto amari (come quando la figlia di 7 anni rifiuta la paghetta e dà  i soldi al papà , “perché ne hai più bisogno tu”). Niente colpi di scena eclatanti, niente sorprese a metà  strada, ma per tutta la (lunga) durata del film si arriva a empatizzare con il personaggio protagonista e a sperare che ce la faccia.

Siparietti comici da parte di Giacomo che applaudiva ripetutamente e che si è anche fintamente alzato in piedi alla fine del film, per sottolineare quanto il suo “pupillo” avesse mantenuto le attese. Io ho resistito un po’, ma tutto sommato questo film rientra nello spirito di questo Far East: poche emozioni veramente “forti”, ma una qualità  media decisamente alta.

3 su 5

Far East Film 12 – Gallants

Derek Kwok e Clement Cheng, due registi che mi hanno ricordato due registi nostri amici, hanno diretto questo film d’azione a base di un po’ di stereotipi e qualche sano momento di ilarità . Un giovane e sfigatissimo agente immobiliare viene inviato in una cittadina di provincia a sanare una faida tra due famiglie. Ovviamente, i cattivi sono forti e i buoni sono deboli: così deboli che il Maestro, più abile tra tutti nelle arti marziali e indispensabile per far soccombere la fazione avversa, è in coma da 30 anni. Tiger e Dragon, i suoi due prediletti, lo accudiscono amorevolmente e aspettano fiduciosi il suo risveglio che avverrà , ovviamente, nel momento più opportuno anche se con qualche… imprevista conseguenza (quale la perdita della memoria e, per dirla con un termine tecnico, un rincoglionimento totale del Maestro).

Il film è un inno nostalgico al kung fu di Honk Kong “vecchia scuola” e, in generale, sottolinea di continuo il rimpianto dei bei tempi andati in cui i veri protagonisti erano l’onore, il rispetto e blablabla.

Il film in sé non ha particolari meriti, né narrativi né artistici: i personaggi sono stereotipi ambulanti (il protagonista è il simbolo della decadenza moderna della gioventù senza spina dorsale, l’unica donna presente serve solo per inserire una figura femminile in tutta la narrazione, i cattivi sono cattivi, i buoni sono onesti e leali, il Maestro è il migliore in ogni caso, eccetera), l’esito e la morale sono prevedibili e anche molto banali, tuttavia il film è “un compitino ben fatto” e intrattiene piacevolmente (sempre che non stiate cercando la verità  sulla vita, ecco).

3 su 5

Far East Film 12 – The Message

Un ottimo film di spionaggio cinese ambientato negli anni ’40. Agenti segreti in incognito, infiltrati rivoluzionari, complotti da ordire e da sventare: ingredienti indispensabili di questo più che piacevole intrigo nazionale in cui il “messaggio” del titolo viene anteposto alla vita stessa degli attori in gioco.

L’ambientazione alla Agatha Christie, in un castello isolato e irraggiungibile, non deve ingannare, perché non si tratta di una semplice riedizione di Dieci piccoli indiani o di un Invito a cena con delitto: da un clima di curiosa suspense si passa rapidamente a claustrofobiche torture, colpi di scena, comportamenti illeggibili e difficilmente interpretabili secondo canoni prevedibili. Ottimi attori, buona storia, personaggi molti “cinesi” – dediti, impassibili, sacrificali – e ha per così dire tracciato la “cifra” del festival, quest’anno: film magari non coinvolgenti o emozionanti in modo sconvolgente, come lo scorso anno, ma sicuramente curati, approfonditi, maturi.

3 su 5 e un plauso allo spiegone finale (che di solito non apprezzo) perché ha veramente tirato le fila della situazione