Anime – Ma come si pronuncia?

Bene, un normalissimo giovedì qualunque, di notte, uno non riesce a dormire e naviga qua e là , pigramente. Poi, così per caso, si scopre una notizia su un sito amico e si decide.
E così è stato: non sono una grande esperta del settore degli Anime ma quale migliore occasione per acculturarmi? Sono una fanatica di tutto quello che riguarda cinema et fumetti, quindi non potevano non piacermi tutti questi Lungometraggi di Animazione Giapponesi. E infatti mi sono molto, molto piaciuti.
Questo Festival di Animazione Giapponese era un po’ un esperimento, per tastare il terreno e vedere quale sarebbe stato il riscontro e l’adesione.
Dopo i tre giorni, l’umore era alto e, con l’affluenza di più di duemila persone si può dire che questo esperimento sia proprio ben riuscito.

Il programma era vario e raccoglieva “pietre miliari” del genere, registi e disegnatori famosi, personaggi conosciuti, ma anche novità .

Il Festival si è tenuto nei giorni 1, 2 e 3 ottobre presso il Cinema Palestrina, a Milano.
La sala era piccola, intima, duecento posti. Sono entrata spaurita, per comprare il biglietto per tutti e tre i giorni (ma sì, già  che c’ero…). Prima del primo lungometraggio, mi sono sfogliata attentamente molte delle riviste e delle pubblicazioni che erano all’ingresso (gentilmente fornite dalla Borsa del Fumetto. Ovviamente, appena potrò, mi farò una gita al negozio e tornerò a casa con la borsa piena…

Ma forse è meglio pararlare di quello che ho visto… Per iniziare c’è stato Cowboy Bebop – Il Film: Tutti quelli a cui ne ho parlato, lo avevano visto almeno qualche volta su MTV. Io no. Però mi ispirava. Infatti è stato uno spettacolo. Bei disegni, buona storia, personaggi simpatici e variegati. La regia era di Shinichiro Watanabe (che ha diretto anche Animatrix, mica poco…) e, appena li rifanno, mi guarderò anche gli episodi in tv…
Il primo giorno purtroppo sono dovuta tornare a casa presto, ma c’era anche Alexander -Il Film, di Yoshinori Kanemori, che meritava sicuramente. Lo recupererò (qualcuno ce l’ha, per caso?)…
Il secondo giorno è stata una vera e propria full immerision: prima Capitan Harlock, l’Arcadia della mia giovinezza, di Katumata e Matsumoto, che mi ha fatto capire un po’ di antefatti della vita del fascinoso Pirata (che poi io ero troppo piccola quando lo facevano per capire o ricordare bene tutto). Bello, sì, ma anche alquanto datato (è del 1985): c’erano dei momenti che dovevano essere di grande pathos e che invece si sono trasformati in momenti di ilarità  collettiva (del tipo: una bambina di quattro anni, morente, è attorniata da omoni grandi e grossi che esclamano affranti “Oh, no, è l’ultima donna della nostra specie”… Insomma… Imbarazzante). Bello però vedere come cambiano le cose. Di sera ho visto Vampire Hunter D: Bloodlust, un film su vampiri, dampyr, cacciatori e prede. Esagerato. Disegnato in stile gotico, è un misto tra fantascienza, horror, avventura, western e sentimentale. Insomma, meglio di così non poteva andare! Complimenti a Yoshiaki Kawajiri.
L’ultimo film di sabato è stato Lupin III e la leggenda dell’oro di Babilonia, di Seijun Suzuki. Alquanto deludente, la trama fiacca e i personaggi non “al loro meglio”. Da notare: una scena atroce che dura veramente troppo di Lupin inseguito da Zenigata su un cartellone-faccione appeso ad un palazzo. Io e Alice ci chiedevamo, angosciate, se sarebbe mai finita o se tutto il film sarebbe continuato così…
Domenica mi ha regalato un finale in grande: Interstella 5555, prima, Perfect Blue poi.
Interstella 5555 è un film realizzato da Takenouchi e Matsumoto in collaborazione con i Daft Punk. Io non vado pazza per il loro genere di musica, ma questo lungometraggio è speciale: non esistono dialoghi e tutto è accompagnato, commentato, esaltato dalla musica e dalle canzoni. Il disegnatore Matsumoto è lo stesso di Capitan Harlock, infatti si nota molto l’analogia di tratto e di stile. Tutti gli elementi sono sfruttati in maniera ottimale, dai colori ai suoni alle luci. Guardatelo, merita davvero.
Infine mi sono fatta inquietare da Perfect Blue, di Satoshi Kon. E’ un thriller molto giapponese, forse un po’ troppo, nel senso che alcune “incongruenze” e irrazionalità  non convincono del tutto “l’occchio occidentale”. Notevoli gli effetti di confusione e smarrimento che prova la protagonista (e che di riflesso proviamo anche noi). Accurati i disegni ma… Dopo aver visto il film non avevo comunque capito il titolo!

Il prossimo appuntamento deve essere a Febbraio 2005. Appena so qualcosa, lo segnalo qui!
Sono stati tre giorni allucinanti. Rinchiudersi in un cinema per così tante ore al giorno contribuisce non poco allo smarrimento sensoriale, risulta difficile capire cos’è reale e cosa no, una volta usciti. Sabato, per esempio, mi aggiravo tra la gente e pensavo “Guarda che colori spenti… E’ tutto così opaco…”.
Semplicemente era la realtà , e io, per qualche ora, anzi, per qualche giorno, me n’ero dimenticata.

Gandhi, la Pace e la Telecom

Io sono troppo emotiva e impulsiva. Davanti a una pubblicità  come quella nuova con Ghandi che comunica a tutto e tutti mi sono semplicemente suggestionata e ho detto “Ohhhhhhh…”
Che pecora.
In realtà , parlandone con Natan, è venuto fuori che a lui quella pubblicità  “non piace”. Allora ne abbiamo discusso e mi ha spiegato. Mi ha insinuato un dubbio che avevo molto ingenuamente ignorato. Ho capito che forse il mio giudizio era stato un po’ affrettato (e, come sempre, dettato dal sentimento e non dalla ragione).
Bell’idea, bella regia, bello tutto.
Però sorge una domanda, non tanto spontanea, ma plausibile (a me non era venuta): non è in discussione la figura di Gandhi (che magari comunque si rivolta nella tomba), ma il sovra-concetto di Pace. E’ giusto, è legittimo, è permissibile che si utilizzi un ideale come la Pace per fare pubblicità ? E poi (mi denunceranno?) è giusto che lo faccia una compagnia come la Telecom che con la Pace non ha proprio niente a che fare e che, anzi, in alcuni casi si è schierata ambiguamente a favore della Guerra?
Gran bella domanda retorica: la risposta è “No”.
Non è una questione di Pace. Non sto difendendo a spada tratta questo (principio, peraltro, secondo me inviolabile). Poteva essere qualunque altro concetto, qualunque altra Idea Nobile. Non è giusto fare pubblicità  in nome di qualcosa che è di tutti (così come non è giusto strumentalizzare le manifestazioni, le assemblee, le rivolte, eccetera).
Non è giusto fare finta che uno come Gandhi avrebbe potuto comunicare il suo messaggio d’amore e uguaglianza a tutto il mondo. Sì, fare finta. Perché va bene, di Gandhi non ce ne sono tanti, ora come ora, sulla terra, ma è un fatto appurato che piuttosto che rimetterci del denaro, certi messaggi non vengono fatti passare. E dice molto, molto bene Luca Enoch:

La tecnologia delle comunicazioni, soprattutto quella più sofisticata, non è mai stata a disposizione gratuitamente per nessuno. Si paga, e cara. Se all’epoca del mahatma fossero esistite le possibilità  comunicative che vengono mostrate nello spot, con tutta probabilità  non sarebbe stato il pacifico e squattrinato vecchierello indiano a usufruirne, ma qualche suo contemporaneo più facoltoso e, come testimonial, meno presentabile.

Che è, poi, quello che succede anche oggi: non è vero che non ci sono persone che vogliono diffondere certi messaggi. E’ piuttosto vero che ci sono persone più “trendy” che meritano più ascolto di persone meno “fashion”.

Da oggi cercherò di stare più attenta e di non confondermi. Anzi, di non farmi confondere, ecco.

Come regalo conclusivo, ecco una grottesca foto reale sull’argomento…

Roma, Piazza di Spagna, Ottobre 2004

John Doe. Chi?

Adoro i fumetti.
Sono anni che leggo di tutto.
Sono anche anni, però, che noto una certa… Monotonia? Mancanza di audacia? Titubanza? Insomma, per dirla bene, una certa noia mortale. Certo, non dovunque, però… E’ sempre più raro trovare personaggi a tutto tondo, originali, che non siano noiosamente buonisti o eccessivamente stereotipati.
Ed ecco che arriva lui, John Doe. Il nome di un cadavere non identificato. Un signor nessuno. In realtà , è’ il personaggio più figo prodotto dal mondo del fumetto italiano degli ultimi… mumble… dieci anni.
Motivi per amarlo? Nessuno. E’ un maschilista, egocentrico, arrivista, arrogante, scaltro, manipolatore. Certo, non si può dire che non sia estremamente affascinante. A differenza di tanti maschi cerebrolesi, è anche intelligente, colto, sensibile, raffinato. Peccato però che abbia un piccolissimo contenzioso con Morte. Sì, quella Morte, quella con la Falce, tutta vestita di nero, spietata sovra-entità  che fa visita a tutti.

“Il mio campo di lavoro è l’entropia. In termini strettamente scientifici, l’entropia indica un’energia che non produce lavoro… Ma è anche una misura della casualità … La certezza che tutto quello che potrebbe andare storto… prima o poi ci andrà . L’entropia è la fine di tutto…”

Lui lavorava per Lei alla Trapassati Inc. e gestiva in modo efficiente, originale e vario tutte le dipartite degli esseri umani, assicurandosi che ognuno morisse nel luogo, nel momento e nel modo giusto.
Solo che… Insomma, Lei, Morte, vuole usare la sua Falce dell’Olocausto per perpetrare una strage mondiale e sistemare qualche conto sballato che non tornava, Lui, bastardo sì, ma con nesquik, scopre il piano malvagio e decide di ostacolarlo. Scelta non da poco: John Doe, un uomo qualunque, si troverà  a scappare da Morte e dai Cavalieri dell’Apocalisse, Fame, Guerra, Pestilenza attraverso un’America da sogno, fatta di scenari da film, da luoghi comuni, da citta, sobborghi, praterie e deserti.
Io personalmente ho comprato il primo numero perché ero curiosa. Un nome insignificante, una trama che poteva sembrare banale, già  vista e rivista (l’eroe contro tutti che deve salvare il mondo). E invece no. Invece, numero dopo numero, mi sono trovata finalmente davanti una cosa che ormai non mi capitava più, coi fumetti, da tempo: mi si è aperto un Universo vero, mobile, assolutamente non statico. Personaggi vari, molteplici, caratterizzati tridimensionalmente come delle persone, non come bidimensionali disegni a china. Luoghi realistici e insieme irreali, verosimili ma stranianti, dettagliati, scelti con cura, ricostruiti in modo da trascinare il lettore distratto nel fumetto, con tutte le scarpe.
E poi Lui.

john_doe

Passatemi un commento superficiale. E’ bello. E’ esattamente il tipo di uomo che una donna non vorrebbe mai ma a cui nessuna donna sa resistere. L’ho già  detto? Raffinato, colto, elegante, stiloso (ossia ricchissimo di stile), sbruffone, menefreghista, con un’etica e una morale tutte sue, in grado di trasformare un dramma in una commedia e viceversa. E’ il tipico eroe sbruffone, spaccone, fintamente crudele, cinico e disilluso, sì, ma gentile romantico (in fondo, da qualche parte…).
Insomma, uno spettacolo. Ogni numero (siamo circa al 17 mentre scrivo) è pieno e vario: road adventure, incontri, dialoghi, emozioni, dolore, cinismo, risate, umorismo di bassa lega, accenni sottili e acuti, perdersi, ritrovarsi, perdersi per sempre. Un vero e proprio Universo. Anzi, fin dal Primo numero, che si intitola non a caso La Morte, l’Universo e Tutto Quanto (rifacendosi per altro, credo, al titolo di un libro di Adam Douglas Life, Universe and Everything), tutti gli albi parlano di Morte, Universo e Tutto quanto. E, vi assicuro, non è poco.
Man mano, sicuramente, scriverò o posterò alcune tavole notevoli… E ce ne sono così tante…
Nel frattempo, se non avete mai letto fumetti oppure se è un po’ che avete smesso, insoddisfatti da personaggi monotoni, prevedibili e “tutti d’un pezzo” (anche troppo) provate a comprarne qualche numero… E poi fatevi un giro qui, così potete vedervi qualche immagine e farvi un’idea di com’è John Doe…
Complimenti a Lorenzo e Roberto, i due ideatori.
Ci voleva proprio!

My World – Introductionary

Benvenuti in un territorio più confuso e sconfinato. Beh, per ora non troppo, però piano si affollerà . Frugate pure alla ricerca di qualcosa che vi interessi e – è ovvio – lasciate un’impronta, un commento, apritemi finestre su nuove visioni, le vostre…

Les Flottants – Esperienze di Video-Arte InterAttiva

Conoscere persone interessanti non è facile. Il motivo è alquanto semplice: essere interessanti presuppone una buona dose di fatica, impegno, delusioni, intraprendenza, tentativi, ma soprattutto creatività  e inventiva.

Tutto nasce dalla volontà  di comunicare e sensibilizzare, in questo caso. E poi, ovviamente, dalla pulsione a esprimersi, a progettare, a sperimentare.
Il gruppo dei Les Flottants, come dice il nome stesso, è un insieme di persone in movimento. La “mobilità ” è duplice: da una parte c’è un’apertura di partecipazione, ognuno può assistere, contribuire, imparare. Dall’altra c’è un’apertura mentale, una capacità  e una volontà  di schivare le imposizioni della società  e di creare percorsi alternativi.
Ancora, però, non ho detto di cosa si occupa questo gruppo, eterogeneo e originale, e farlo non è semplice, perché le parole rischiano di trasformare e fraintendere lo spirito di questo ensemble creativo.
Sicuramente l’obiettivo ultimo dei Les Flottants non è apparire, ma comunicare , sia concetti che sensazioni. All’interno del panorama attuale, in cui forti prevaricazioni vengono portate avanti da più parti (dal consumo di beni concreti alla fruzione di beni virtuali, come l’informazione), questo insieme di artisti mutevoli urla senza arroganza e senza saccenza, ma con molta modestia e disponibilità  al confronto, che esistono mille alternative al tunnel auto-lesionista in cui la nostra società  si infila ogni giorno di più.

Al di là  della spettacolarizzazione, al di là  dell’apparizione su media canonici (e decisamente strumentalizzati), questi artisti sanno comunicare concetti e immagini forti e forse un po’ scomodi attraverso un’innovativa forma di video-teatro. Attraverso metafore visive, iconiche, verbali, elementi tratti dall’immaginario collettivo e dalla cultura di massa ci viene mostrato come viviamo, ma non solo: ci troviamo faccia a faccia con una realtà  dura e scomoda, che ci vede colpevoli, finalmente, e non solo spensierati acquirenti che, grazie al loro contributo, “mettono in moto l’economia”.
Paesaggio Epigastrico, testo di partenza per lo spettacolo, si evolve ad ogni perform-azione del gruppo, per farci aprire gli occhi e farci vedere.

La nostra vita ruota intorno a slogan pubblicitari? Non riusciamo più a capire cosa vogliamo veramente e cosa siamo indotti a desiderare? Sentiamo una specie di inquietudine insoddisfatta che ci porta a cercare qualcosa che nemmeno noi sappiamo?
A questo punto abbiamo due scelte, due percorsi davanti.
Il condizionamento. Facile, semplice, indolore. Va tutto bene, basta mangiare un’altro mezzo chilo di cioccolato e questa sgradevole sensazione di “sbagliato” sparirà  dal nostro cervello e dal nostro cuore.
Oppure una scelta. Tante scelte. Fatte giorno per giorno. Che ci portino alla Inter-Azione, che ci facciano smettere di essere delle bambole passive che vivono in un mondo fittizio, bidimensionale, in una casa-prigione.
Ho osservato attentamente La Bambola, protagonista incosciente dello spettacolo, e ho ritrovato, nei suoi, molti dei miei atteggiamenti di superficiale ignoranza. Ho ascoltata incredula Nemesi, che finalmente mi ha aperto gli occhi su una realtà  che ho sempre fatto finta di ignorare.
Certo, non si può guarireda un giorno all’altro però…
Sono stata fortunata, io. Ho potuto assistere allo spettacolo. E non una, ma più volte. Ho osservato con interesse Francesca, Clemente, Natascia, Laura e tutti gli altri fluttuanti durante le “Prove aperte” tenute in luoghi impensabili e suggestivi in Toscana. Alla Filanda di Forno, per esempio, un paesino vicino a Massa Carrara, tanto sconosciuto quanto suggestivo, oppure al Tago Mago, un locale di Marina di Massa accogliente, originale e attivo dal punto di vista culturale e artistico.
Ho conosciuto persone disponibili e intelligenti, che senza “salire in cattedra” mi hanno insegnato molte cose, ma che soprattutto sono state capaci di incuriosirmi e di interessarmi, tanto che alla fine ho deciso di comprare un certo libro.

E’ solo un punto di partenza. Ma non è proprio questo lo scopo dell’arte? Coinvolgerci a tal punto da permeare la nostra mente anche quando non la abbiamo più davanti agli occhi, anche quando potremmo smettere di pensare.
E’ questo che fanno, i Les Flottants: arte. Con tutto quello che ne deriva.