Domenica il mio magnanimo WebMaster – Artista Digitale personale mi ha rimodernato la piattaforma per la gestione dei contenuti di AlchemicoBlu e mi ha installato WordPress 1.5.
E’ un paradiso, usabilità esagerata, bug quasi del tutto inesistenti e, soprattutto, è Open Source e viene costantemente (e ottimamente) aggiornata.
Avevo intrapreso una traduzione autonoma dall’inglese all’italiano, per dare il mio piccolissimo contributo a questa comunità tanto ricca quanto generosa (ah, l’amore per il codice! Ah, il rispetto della banda! Ah…) ma ho subito scoperto che un gruppo di volenterosi ha già effettuato la traduzione, che ora deve essere betatestata e controllata! Ovviamente mi sono offerta volontaria per la collaborazione, così finalmente potrò restituire qualcosa a una comunità che mi sta dando tanto…
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Anime Giapponesi + giornata milanese con degli ex-sconosciuti (ora amici)
Alla fine la seconda edizione c’è stata. Oh, se c’è stata! Purtroppo ho potuto andare a Milano solo sabato, e ho visto Oshi, “Jin-Roh”, di Mamoru Oshi (quello di Ghost in the Shell, per intenderci).
Incredibile dictu, gli organizzatori del festival mi hanno riconosciuta e si sono ricordati di me. Anche in questa edizione c’è stato un afflusso spropositato di gente (più di 4000 persone diverse). E meno male, perché questo vuol dire che ne faranno una terza edizione (e magari diventerà un appuntamento fisso, annuale, per dire). Per la prima volta in assoluto sono entrata gratis al cinema. Grazie a Saverio per la gentilezza.
Prima del cinema però, quante cose!
A metà pomeriggio ci siamo trovati io, UnNamed, Nemesis e Emalord, a Milano. Io ho vinto il timore vedendo Nemesis da lontano e ho deciso di non fuggire ma di affrontare la mia (eventuale) morte con sguardo fiero e piglio sicuro.
Non appena presentatici (ma si dice?) Nemesis e Emalord mi shoccano affermando “Mentre ti aspettavamo abbiamo guardato un sacco di BAMBINI che passavano”…
Dopo aver chiarito l’equivoco, sono riuscita a trascinare con l’inganno Nemesis in metropolitana e tutti e quattro abbiamo ampiamente passeggiato in quel di Parco Sempione confrontandoci sulle visioni dell’universo (più o meno entropiche), sulla necrofila e sui PapaWar…
Ci siamo infilati in un bel bar in cui Ema ha offerto gentilmente un delizioso spuntino pomeridiano a tutti. Nemesis ha sventato un tentativo di truffa da parte del gestore che aveva battuto sei prezzi anziché quattro, guardandolo col suo sguardo di un bianco inquietante e affermando “Ora, io forse non capisco come funzionano qui gli scontrini, ma come mai noi siamo in quattro e qui ci sono sei prezzi?”
Il barista se n’è andato umilmente terrorizzato e al ritorno, tremante, ha chiesto delucidazioni sul bianco degli occhi del nostro amico Dark (erano lenti a contatto).
Salto il pezzo in cui una signora, vedendomi al tavolo con tre ommini mi ha guardato e con sguardo complice ha cercato di capire se avessi bisogno di aiuto e passo direttamente al resoconto di UnNamed che ha condiviso con noi il suo terrificante sogno di morire.
Con largo anticipo andiamo al cinema e non solo gli organizzatori si ricordano di me (come ho detto, ero stata la prima ad arrivare alla scorsa edizione) ma fanno anche amicizia con Neme e parlano per mezzora di film giapponesi. Oshi è stato mattonifero ma amareggiante come al solito, e ho deciso di rivedermi Ghost in the Shell perché sospetto di non averci capito una mazza, l’altra volta.
Ometto di raccontare della deliziosa pizza che hanno mangiato con noi anche Musta e la sua gran donna Manuela (in pizzeria di mafiosi siciliani a cui Emalord ha fatto una divertente battuta che ancora un po’ gli costava la vita: Ema, occhio, i siciliani impiantati a Milano non hanno tutto ‘sto sense of humor).
La serata si è conclusa in un locale messicano in cui si è bevuto Desperados alla disperazione (ci hanno raggiunto anche Cryu e Lux) e in cui UnNamed ha rischiato l’ubriacatura dopo solo un quarto di cocktail (è stato salvato dal generoso Cryu che si è ubriacato al suo posto).
Riaccompagnandomi all’auto, Nemesis e Emalord si sono resi conto che quando io dico “Ragazzi, ho parcheggiato in mezzo a piazzale Loreto” voglio dire che ho parcheggiato PROPRIO IN MEZZO .
AnimeGiappo – Festival Anime a Milano
Dopo la prima edizione in punta di piedi (era una prova generale, diciamo così, molto ben riuscita) torna AnimeGiappo, il Festival di Lungometraggi di Animazione Giapponese di Milano! Presso il cinema Palestrina (toh, in via Palestrina, proprio!), ci saranno cinque giorni di infuocate proiezioni. Da Ken il Guerriero ad Harlock Saga, passando per Goldrake e Jeeg Robot di Acciaio, ci sarà un vero e proprio delirio di produzione nipponica importata allegramente in Italia, molta della quale ha costituito il backgroud culturale dei nostri primi anni di esistenza.
Il programma lo hanno messo anche qui (sito bruttino, ma va bene lo stesso, le informazioni che deve dare, le dà ).
Non so se riuscirò ad assistere a tante proiezioni come nell’edizione scorsa (in cui mi ero praticamente traferita lì e avevo anche fatto amicizia con gli organizzatori), però sicuramente ci andrò per un paio di giorni, perché è un evento (stranamente) unico a Milano e, soprattutto, molto promettente.
D’altra parte quale miglior modo di estraniarsi dalla realtà e di sognare un po’ anche in questi periodi così freddi e inutili?
Forbidden Siren
Forbidden Siren è il mio primo gioco per PlayStation2. Come il primo amore, non si scorda mai.
E poi, come si potrebbe scordare la tensione, la paura, le palpitazioni causate da un videogame. Quando ci gioco, mi sudano le mani, mi batte il cuore, se entra qualcuno nella stanza sussulto.
Sono ancora all’inizio. Non posso fare un resoconto dettagliato. Devo capire, proseguire, soprattutto devo finirlo per comprendere cosa sta dietro a questi Shibito tremendi, sporchi e assetati di sangue.
Però mi piace il Survival Horror. In realtà io non è che sia molto survival. Ossia, muoio molto spesso.
E’ strana questa cosa del morire. Cioè, quei cosi veramente ti uccidono, si vede la morte in diretta. Inquietante, direi. Mi turba, come ha detto anche qualcun altro.
Una sera ho giocato a Siren quando ero a casa da sola. Con le luci spente. Senza alcun rumore, a parte il respiro rantolante di quei cosi sanguinolenti.
Beh, fatto sta che dopo due ore di gioco ho dovuto accendere tutte le luci in casa e mettere su I will survive di Gloria Gaynor perché avevo troppa paura.
E’ che va preso a piccole dosi, ecco tutto.
Quante emozioni, però…
La foresta dei pugnali volanti
Sottotitolo: Del perché vorrei rinascere orientale
[Spoiler]
House of flying daggers è un film che è uno spettacolo per gli occhi.
A partire dalla bellezza dei protagonisti, delicata e forte insieme. I due protagonisti, Jin e Mei, sono due opere d’arte di carne. Oltre alla loro naturale bellezza, agli occhi così stranamente a mandorla, anche i loro abiti e i colori da cui erano circondati costringevano, in un certo senso, a guardarli.
La storia è un dramma universale che divide l’uomo: la fedeltà ai propri ideali, il sacrificio, la fine somma in nome di una causa, oppure una parvenza di felicità , la normalità , forse l’amore?
E’ ovvio che la sofferenza deve regnare sovrana su tutto, che il dolore è il padrone dell’immacolata e rossa scena finale.
Però il percorso. La sensualità e la precisione dei gesti. La pulizia degli sguardi e la profonda semplicità delle parole… Tutto ricostruisce un mondo che è lontano nello spazio, ma anche e soprattutto nel concetto: la Cina dell’800 è un contesto che un occidentale non può capire, in cui non si può immedesimare completamente. Eppure guardando Jin e Mei compiere una falsa, inutile fuga verso il loro nascere e morire insieme nessuno può sentirsi altrove, nessuno può sentirsi distante da quegli sterminati boschi di bambù o da quel profumato prato di fiori bianchi o da quella distesa di neve che piange sangue.
I colori sono esasperati, in certe scene parlano più delle stesse immagini, come quadri astratti che si presentano agli occhi di chi guarda, così, d’improvviso, per poi sfumare in altre tinte e altri toni e, infine, sparire in volti, in spade, in silenzio.
Vedere tutta questa bellezza mi fa sperare di rinascere come loro, nella prossima vita. Perché a volte penso che per essere così si debba appartenere a quella cultura fin dalla nascita, si debba venire al mondo intrisi di tutta quell’armonia di perfezione, disciplina e grazia infinita.
Certo, l’idea di trovare l’amore, quello, l’unico vero, e poi di perderlo immediatamente è un’idea che può fare impazzire. Ma tanto, sono convinta, è destino ritrovarsi ogni volta, in ogni esistenza successiva. E quindi è meglio lasciarsi andare a un destino crudele, per una volta, senza rimpianti, assaporando questo dolore come l’emozione più bella e sublime.
O, almeno, così mi sembra ora.
Alice In Winterland
Lo so che da qualche blogger esperto questo potrebbe essere definito “farsi i pompini a vicenda”, però non posso non scrivere un trionfale post sull’ingresso in rete di Alice, la mia migliore amica (tre bacini SmackSmackSmack, chebelcoloredicapellichehaicara!).
Ebbene sì, AliceInWinterland finalmente potrà condividere i suoi pensieri malati-deviati-anticonformisti anche con la blogosfera, oltre che con me.
E quindi benvenuta.
Ah, poi domani vengo e sistemiamo l’interfaccia, ok? E dove non hai potuto tu, potrò io (e dove non potrò io, potrà Natan)
(Nataaaaaaan…)