Marzo 13 2020

Giorno 5 – La Realtà Virtuale

Come diceva quel film magistrale?

“A volte sei tu che mangi l’orso, a volte è l’orso che mangia te.”

Oggi non so se ho mangiato l’orso o sono stata mangiata, so che dovevo lavorare, quindi sono stata praticamente tutto il giorno al computer e Leonardo… pure. Ha guardato cartoni e fatto i suoi giochi col mouse per un tempo infinito. Non ho consigli brillanti di attività per bambini in questo post, ma di attività per nerd all’ultimo stadio, amanti della tecnologia e un po’ anche per i nostalgici degli anni ’80-’90.

Io invece ho fatto qualcosa di interessante per la mia professione, finalmente, da quando è cominciata questa clausura. Visto che una mia grande passione è la Realtà Virtuale, in questo periodo ho cercato di seguire da vicino gli sviluppi del settore. Moltissimi eventi importanti (Laval Virtual, SXSW e altri) sono stati cancellati e la community XR ha reagito cercando di trasportare online più eventi possibili. Non è un processo facile, perché la tecnologia impone ancora dei limiti non indifferenti, ad esempio non si può stare in più di 25-30 persone nella stessa stanza virtuale senza far bloccare tutto. Uno dei punti chiave dei lavori in corso è creare zone accessibili a chi ha headset come Oculus Go, Oculus Quest, HTC Vive, Oculus Rift, Samsung Gear VR, ma anche di permettere a chi non ha nessun visore di partecipare, con avatar o da spettatore, agli eventi. 

È un processo lungo, macchinoso, ma estremamente interessante e divertente, perché ci si sente proprio agli albori di “qualcosa” e si ha ancora molto spazio per conoscere le persone che, come noi, lavorano a questo da qualsiasi parte del mondo. La community è molto bella, compatta e formata da persone molto esperte e molto simpatiche. Quando ci sarà un programma aperto al pubblico, lo condividerò di certo. Per oggi, ho testato (e contestualmente scoperto) almeno tre servizi di VR Chat diversi, dove incontrarmi con chi sta lavorando a questo bel progetto, ma anche probabilmente con qualche amico lontano (vero, Fabio? Vero Giacomo?) ed esperto di Realtà Virtuale.

La parte che mi ha emozionato di più è il fatto che tutti fanno del loro meglio e provano a far funzionare le cose. Che chi sviluppa tiene conto dei feedback ricevuto. Che la industry è ancora così piccola che ci sentiamo su Whats App continuamente, con persone dall’Olanda, dalla Russia, dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Germania. E mentre il virus ci rinchiude nelle nostre nazioni, nelle nostre città, nelle nostre case, noi ci troviamo con una strana sensazione di novità, come si faceva a fine anno ’90 sulla famigerata “chat di Radio Deejay” (la prima, vera e unica chat di Radio Deejay) o su  ICQ, o ancora all’inizio degli anni 2000 con MMORPG come  World of Warcraft o un sacco di altre community online.

Mi piace questo sentimento di unione di Internet. Confesso di averlo perso molto a causa dei social network. Lì c’è troppa gente, ci sono potenzialmente tutti, ma è sempre più difficile incontrare persone affini. Ci sono hater, leoni da tastiera, ci sono gli analfabeti funzionali, ci sono le mammepancine, ci sono i complottisti, ci sono gli analfabeti e basta. Certo, ci sono anche persone ricche di sarcasmo, di ironia, brillanti, acuti, ma diciamoci la verità: si perdono nel mare magnum di disastro culturale. Torna il motivo per cui scrivo qui, e non direttamente su Facebook facendo dei lunghi post da condividere come fanno gli influencer all’ultimo grido: non voglio tutta quella gente. Io sono per il “pochi ma buoni”. E nella VR è ancora la sensazione che ho. Chiaro che a un certo punto si aprirà al consumo di massa, ed è giusto così e lo speriamo tutti, e tuttavia mi gusto ogni momento in cui posso parlare e smanettare con persone da tutto il mondo che cercano di far funzionare un software al limite delle capacità delle nostre macchine domestiche o delle nostre linee consumer.

Oggi è stata una giornata in cui mi sono veramente dedicata a cose che mi piacciono, nel mio studio di casa, bevendo caffè e controllando periodicamente che mio figlio fosse vivo, ma poco di più. Oggi è stata una giornata in cui mi sono sentita brava nel mio lavoro e in cui mi sono divertita. E in cui, ovviamente e inevitabilmente, mi sono sentita una mamma di merda perché non ho dedicato la mia massima attenzione a Leonardo e perché l’ho parcheggiato un po’ lì. Però sono sicura che capirà. Stasera abbiamo cucinato la torta di mele del nonno Giuseppe insieme, e poi preparato la cena, chiacchierato tutti e tre e letto un altro capitolo di un bel librogame di Geronimo Stilton, In trappola… dentro al museo! che unisce le avventure di Geronimo all’architettura classica dei librigame, con salti di pagine, vicoli ciechi e piccoli enigmi logici. Leonardo mi fa fare improponibili combinazioni di oggetti, il che mi lascia ben sperare che sia quasi pronto a giocare a Monkey Island, dove i migliori di voi ricorderanno le combinazioni nonsense eppure perfette di oggetti per proseguire nell’avventura. Parlando di avventure punta-e-clicca, però, devo dire che la mia preferita resta Indiana Jones e il destino di Atlantide,  che per colpa della mia mania di cercare e condividere link, ho appena ritrovato su Steam, condannandomi probabilmente a rigiocarlo nelle prossime notti. Ricordo ancora quando l’ho giocato sul nostro primo 486 ricevuto per Natale, e io e mio padre ci giocavamo separatamente, ma lo abbiamo finito più o meno insieme. E io ho lasciato morire la tizia coi capelli rossi, mentre lui no. Mi chiedo ancora perché!

Oggi è stata una bella giornata, ma non posso fare a meno di provare un’infinita malinconia e nostalgia. Non pensavo di vivere un nuovo periodo di pionierismo tecnologico, e ne sono entusiasta, ma ricordare tutto quello che la tecnologia ha significato nella mia vita e non poterlo condividere con le persone che più mi capirebbero, in questo momento, mio padre e mia sorella Giulia, mi fa soffrire. Mi viene in mente ad esempio di quando io e Giulia abbiamo cablato in autonomia casa nostra, per giocare in LAN al mod multiplayer di Half Life. Era il 1998 ed eravamo armante solo di un lungo cavo, una clamp per le prese di rete e infiniti tentativi di disposizione dei cavi. Abbiamo scardinato tutti i battiscopa della casa per far passare il cavo dentro i muri. Probabilmente è lì che abbiamo imparato la sacra arte della bestemmia mentre fai lavori manuali. Ma ha funzionato, e abbiamo fatto le migliori partite ad Half Life che un essere umano potrebbe immaginare.

Domani giocherò un po’ di più con mio figlio, ma oggi ho giocato con i miei “giochi da grande”. E mi ci voleva.

 

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